Boskov

Vujadin Boskov, l’allenatore amico, maestro e poliziotto

Vujadin Boskov è cresciuto a pane e pallone.

Al calcio ha dato tanto. Il calcio ha dato tanto a lui.

Era un uomo che diceva tutto in faccia, e per questo la sua carriera è disseminata di grandi e piccole perle.

Proviamo a ricordare Boskov non con i trofei, non un dettagliato resoconto della sua carriera. Ma con delle frasi, che forse meglio di fiumi di parole possono descriverlo.

Vujadin Boskov

“Se mettessi in fila tutte le panchine che ho occupato, potrei camminare chilometri senza toccare terra”
E ineffetti è così. Inizia in Svizzera con il Young Boys, torna in patria per allenare il Vojvodina e poi la nazionale jugoslava. Poi sarà un viandante tra Olanda, Spagna e Italia dove allenò tra le altre Feyenoord, Real Madrid, Napoli, Roma e Sampdoria.

“Non ho bisogno di fare dieta. Ogni volta che entro a Marassi perdo tre chili”
Lo stadio di Genova sarà la sua casa per molto tempo: da calciatore negli anni 60 e da allenatore dal 1986 al 1992. Con i blucerchiati vinse tantissimo: 2 Coppe Italia, 1 Coppa delle Coppe, 1 Supercoppa Italiana ma soprattutto lo Scudetto. L’unico della storia della Samp.

“Se io slego il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo”
E proprio a Marassi vinse molti derby. Perdomo era il terzino del Genoa. Boskov si riprese da questa dichiarazione, correggendosi:
“Io non dire che Perdomo giocare come mio cane. Io dire che lui potere giocare a calcio solo in parco di mia villa con mio cane”

“Io penso che tua testa buona solo per tenere cappello”
Chiaro, diretto, senza peli sulla lingua. Così era Vuja. E così rispose in conferenza stampa ad un giornalista che parlava di retrocessione sicura per il suo Napoli.

“Meglio perdere una partita 6-0 che sei partite 1-0”
Chissà quanti tifosi la pensano allo stesso modo. Ma quando Boskov si presentò davanti alle telecamere dopo il 4-0 patito dal suo Napoli contro l’Inter, nessuno trovò il coraggio di ribattere.

Era un uomo semplice, senza peli sulla lingua. Con i modi tra l’ironico e il brillante, tra il banale e il geniale. Come quando disse: “Questa partita si può perdere, vincere o pareggiare”. Ha lasciato un patrimonio incredibile di frasi divenute ormai proverbiali: dal “Rigore è quando arbitro fischia” all’immortale “Squadra che vince non si cambia”.

“Pallone entra quando Dio vuole”. “Partita finisce quando arbitro fischia”.
Vita finisce quando Dio fischia. Ciao Vuja

Ah Bandolero stanco
stanotte ho pianto pensando a te
C’è un po’ della mia vita
nella tua vita che se ne va
Dov’è silenzio dov’è silenzio, dove
Dov’è silenzio dov’è silenzio, dove